Liquidazione delle ferie maturate e non godute dal Dirigente
Liquidazione delle ferie maturate e non godute dal Dirigente area funzioni centrali in occasione dell’estinzione del rapporto di lavoro.
Le ferie maturate e non godute dal Dirigente a causa dell’estinzione del rapporto di lavoro per malattia o impossibilità possono essere oggetto di monetizzazione tramite liquidazione? Sulla base della normativa vigente in materia di lavoro, la risposta alla domanda sembrerebbe all’apparenza orientata verso un secco no. Tuttavia, questa risulta essere molto più articolata sulla base della normativa speciale. Prendiamo il caso di un Dirigente pubblico che, a causa dell’emergenza Covid- 19, si è ritrovato a sostituire dei colleghi per prolungati periodi di tempo tanto nelle funzioni quanto nel ruolo per inderogabili esigenze di servizio che lo hanno, di fatto, posto nell’impossibilità di godere delle ferie arretrate maturate nel biennio precedente. Successivamente, si è trovato a dover affrontare un prolungato periodo di malattia correttamente certificata per mesi sino alla cessato il rapporto di lavoro intercorrente con la Pubblica Amministrazione stante la maturazione dei termini pensionistici, costringendolo a non godere dei dovuti arretrati.
La normativa vigente applicabile al caso di specie si rinviene all’art. 5, comma 8 del D.L. 95/2012, convertito in Legge 135/2012, così come precisato dalla circolare applicativa della Funzione Pubblica nr. 40033 dell’8/10/2012. Il citato articolo dispone l’obbligatorietà della fruizione delle ferie spettanti a tutto il personale, ivi incluso quello dirigenziale, stabilendo che: “Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione […] sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età.” La disposizione non può non essere letta che in combinato disposto con la già menzionata circolare applicativa della Funzione Pubblica nr. 40033 dell’08/10/2012, che chiarisce: “I casi di cessazione espressamente richiamati dall’art. 5. comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 ai fini dell’inclusione nell’ambito oggettivo del divieto si riferiscono a situazioni per le quali la prevedibilità dell’evento (collocamento a riposo) ovvero la volontà dei soggetti coinvolti (mobilità, dimissioni, risoluzione) consentirebbero una ponderazione circa l’adozione delle iniziative necessarie per assicurare la fruibilità del diritto compatibilmente con le esigenze personali e organizzative dell’amministrazione” e ancora “la disposizione […] è diretta a colpire gli abusi dovuti all’eccessivo ricorso alla monetizzazione delle ferie non fruite a causa dell’assenza di programmazione e di controlli da parte della dirigenza sulle ferie dei dipendenti e dell’utilizzo improprio delle possibilità di riporto[…].”
La ratio della norma risulta pertanto essere legata a motivi di razionalizzazione delle spese e di prevenzione all’abuso da parte dei dipendenti e dei dirigenti della pubblica amministrazione, che tuttavia non può impedire al lavoratore di usufruire dei propri arretrati. Di contro, la circolare continua specificando che: “Le cessazioni del rapporto di lavoro determinatesi a seguito di un periodo di malattia, di dispensa dal servizio o, a maggior ragione di decesso del dipendente, configurano, invece, vicende estintive del rapporto di lavoro dovute ad eventi indipendenti dalla volontà del lavoratore e dalla capacità organizzativa del datore di lavoro […] non sembrerebbe, pertanto, rispondente alla ratio del divieto previsto dall’articolo 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 includervi tali casi di cessazione, poiché ciò comporterebbe una preclusione ingiustificata e irragionevole per il lavoratore il cui diritto alle ferie maturate e non godute per ragioni di salute, ancorché già in precedenza rinviate per ragioni di servizio, resta integro con riguardo alla duplice finalità di consentire al lavoratore di riposarsi rispetto all’esecuzione dei compiti attribuitigli […]”.
Da ciò si evince che, all’interno del divieto imposto dall’art. 5, comma 8, D.L. n. 95/2012, non rientrano i casi di cessazione del servizio in cui l’impossibilità di fruire delle ferie non sia imputabile o
riconducibile al dipendente, come appunto l’ipotesi della malattia e/o per inderogabili esigenze di servizio. Tale dispositivo è corroborato dall’orientamento giurisprudenziale dominante che conferma come, in ogni caso, debba essere garantito il diritto alla monetizzazione delle ferie maturate e non godute dal lavoratore qualora ciò sia derivato da circostanze oggettive a lui non imputabili (Cass. civ., Sez. lavoro, n. 11462/2012 e Cass. civ., Sez. lavoro, n. 13613/2020). Nello stesso senso si esprime la giurisprudenza amministrativa del Consiglio di Stato, la quale sottolinea che: “Il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute dal pubblico dipendente, anche in mancanza di una norma espressa che preveda la relativa indennità, discende direttamente dallo stesso mancato godimento delle ferie, in armonia con l’art. 36 Cost., quando sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia a lui comunque imputabile, in quanto il carattere indisponibile del diritto alle ferie non esclude l’obbligo della stessa Amministrazione di corrispondere il predetto compenso per le prestazioni effettivamente rese, non essendo logico far discendere da una violazione imputabile all’Amministrazione il venir meno del diritto all’equivalente pecuniario della prestazione effettuata.” (Cons. di Stato, Sez. IV, 13/03/2018, n. 1580; v. anche in senso analogo TAR Calabria, Reggio Calabria, 02/04/2021 n. 235).
Anche la giurisprudenza comunitaria della CGUE, nella sentenza del 20/01/2009, caso C-350/06, è allineata rispetto all’orientamento giurisprudenziale qui proposto aggiungendo che il diritto alle ferie retribuite non si estingue allo scadere del periodo di riferimento anche quando il lavoratore sia stato in congedo per malattia per l’intera durata o per una parte del periodo di riferimento, tale che questi non abbia potuto godere delle ferie maturate. In tal caso, anche in presenza di esplicito divieto presente nelle legislazioni nazionali, è dovuta un’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali in virtù dell’incomprimibilità del diritto di godimento delle ferie annuali sancito dal succitato art. 7, Dir. n. 2003/88/CE.
A ciò si aggiunge che nel caso del Dirigente in questione va, altresì, considerato quanto previsto dall’art. 15 ai commi 10, 11, 13 e 15 del CCNL relativo al personale dirigente dell’area funzioni centrali triennio 2016 – 2018 del 9 marzo 2020. Nello specifico, il comma 10 prevede che le ferie sono un diritto irrinunciabile e, di regola, non monetizzabili. Tuttavia, si sottolinea come la programmazione e fruizione delle stesse debba avvenire “tenendo conto delle esigenze di servizio, coordinandosi con quelle generali della struttura di appartenenza, provvedendo affinché sia assicurata, nel periodo di sua assenza, la continuità delle attività ordinarie e straordinarie”. Già da tale dato normativo si evince chiaramente come il godimento e l’organizzazione del periodo feriale debba, in ogni caso, essere compatibile con le esigenze della struttura di appartenenza, in modo tale da garantirne il corretto funzionamento: circostanza che proprio nel caso di specie si è verificata.
Il comma 11 dell’articolo in esame prevede che: “Le ferie maturate e non godute per esigenze di servizio sono monetizzabili solo all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, nei limiti delle vigenti norme di legge e delle relative disposizioni applicative, secondo quanto previsto nella dichiarazione congiunta n. 1 ”. Sulla circostanza relativa alle indifferibili esigenze di servizio che hanno impedito di usufruire delle ferie già maturate, il comma 13 dell’articolo di cui sopra prevede espressamente che: “in caso di indifferibili esigenze di servizio o personali che non abbiano reso possibile il godimento delle ferie nel corso dell’anno, le ferie dovranno essere fruite entro il primo semestre dell’anno successivo. In caso di esigenze di servizio assolutamente indifferibili, tale termine può essere prorogato fino alla fine dell’anno successivo”. Quanto sopra va però coordinato con i periodi di assenza dal lavoro per malattia. Infatti, il comma 15 del predetto articolo dispone che: “… il periodo di ferie non è riducibile per assenze dovute a malattia o infortunio, anche se tali assenze si siano protratte per l’intero anno solare. In tal caso, il godimento delle ferie avverrà anche oltre il termine di cui al comma 13”. Da quanto sopra, emerge come all’atto della cessazione del servizio il Dirigente ha conservato il diritto alla monetizzazione di tutte le ferie pregresse, non fruite per impossibilità non imputabile o riconducibile allo stesso, in quanto, ha dovuto fronteggiare numerose e continuative esigenze di servizio assolutamente indifferibili, unitamente all’assenza lavorativa per malattia per numerosi giorni sino alla cessazione del rapporto.
Difatti, da un lato, il comma 11 dell’art. 15 CCNL di riferimento impone la monetizzazione delle ferie non godute per esigenze di servizio, a maggior ragione nei casi in cui la fruizione delle stesse sia stato di seguito impossibilitata anche per le comprovavate esigenze di malattia